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Polimenorrea

Polimenorrea: quando il ciclo viene in anticipo Quando una mestruazione si presenta con un anticipo di almeno tre giorni siamo in presenza della polimenorrea, un tipico disturbo del ciclo mestruale abbastanza comune. Se il fenomeno è isolato, non capita frequentemente cioè non si ripete nei cicli successivi, non deve destare troppa preoccupazione, ed in questo caso magari la stanchezza e lo stress possono giocare un ruolo determinante. Se invece la polimenorrea tende a ripresentarsi siamo in presenza di un caso molto diverso. In questa specifica evenienza bisogna procedere con l’esecuzione di dosaggi ormonali per rilevare eventuali alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. Frequentemente il problema è legato ad una “insufficienza luteale” ovvero ad una inadeguata produzione di progesterone da parte dell’ovaio nella seconda parte del ciclo mestruale. Invece ulteriori possibili cause possono essere iperprolattinemia, alterazioni tiroidee e così via. Cause di polimenorrea La polimenorrea è causata da una riduzione dello stadio proliferativo (chiamata anche fase preovulatoria) oppure da una diminuzione della fase secretiva (definita invece fase postovulatoria): il primo caso non deve destare preoccupazioni, mentre il secondo potrebbe essere, nei casi più gravi, spia d’infertilità (la donna non riesce a portare a termine la gravidanza). In più è stato registrato da un punti di vista statistico che le donne con malattie cardiache sono predisposte maggiormente a manifestare polimenorrea. Il fenomeno può essere influenzato da un’alterazione a livello dell’endometrio: quando la mucosa della cavità interna uterina (cioè l’endometrio) non risponde più correttamente ad uno stimolo ormonale può comparire polimenorrea. Anche le modulazioni endocrine possono concorrere all’accorciamento del periodo tra una mestruazione e l’altra, così come la presenza di neoplasie uterine (es. fibromi): in genere, la presenza di miomi è associata anche a metrorragia e menorragia. Incidenza...

Come avviene il ciclo mestruale?

Quando parliamo di “ciclo mestruale” naturalmente intendiamo quel periodo (in media) di ventotto giorni, che passa fra l’inizio di una mestruazione e l’inizio di quella successiva. Comunemente ormai il termine ciclo mestruale viene usato per indicare la mestruazione, cioè la perdita di sangue ciclica, che dura (sempre in media) dai tre ai sette giorni. Come avviene il ciclo mestruale? Ogni 28 giorni (attenzione, il periodo non è mai preciso, ma si tratta di una media, se avete dubbi parlate con il vostro endocrinologo di fiducia) l’endometrio ovvero il tessuto che ricopre internamente la cavità uterina, per alcune cause ormonali “si stacca” e, insieme al sangue che si libera dai vasi sottostanti, fuori esce e viene eliminato all’esterno del corpo, causando un perdita di sangue misto a frustoli di endometrio. Questo fenomeno costituisce la mestruazione. La regolarità e la ciclicità del ciclo mestruale – durata media di 28 giorni, ma normalmente può andare dai 25 ai 36 giorni – è legata ad un preciso controllo ormonale del fenomeno. Implicati in questo controllo ci sono tre strutture dell’organismo, l’ipotalamo, l’ipofisi e le ovaie: ipotalamo è una piccola parte del cervello umano che gioca un ruolo fondamentale nel controllare l’attività dell’ipofisi, tramite il rilascio di sostanze dette fattori di rilascio. Nel ciclo mestruale di fondamentale importanza è il cosiddetto GnRH, cioè il fattore di rilascio delle gonadotropine, che “comunica all’ipofisi” gli “ordini da impartire” all’ovaio. ipofisi è una piccola ghiandola contenuta nella scatola cranica al di sotto degli emisferi cerebrali, la quale è in grado di produrre ormoni in grado di “comandare” l’attività di tutte le ghiandole a secrezione interna del corpo umano....

Diabete e Celichia

Diabete e celiachia sono due patologie croniche che condividono una base genetica comune, ma sono profondamente differenti nell’espressione clinica, nelle ripercussioni sull’alimentazione e nella gestione terapeutica. Secondo alcuni ricercatori la coesistenza di diabete di tipo 1 e celiachia dipende dalla tipologia similare delle due patologie, cioè dal fatto che entrambe riconoscano una componente autoimmunitaria. La celiachia non richiede una gestione complessa come il diabete, non ci sono parametri da monitorare più volte al giorno, né farmaci da assumere, ma semplicemente l’eliminazione dalla dieta degli alimenti che contengono glutine, con implicazioni inevitabili in termini di gusto e anche nelle relazioni sociali. Una pizza con gli amici può diventare un problema, se non è disponibile un’alternativa senza glutine. Il diabete richiede invece una gestione farmacologica – o ancor di più un’autogestione – complessa e controlli medici più frequenti per la prevenzione delle complicanze. La dieta non prevede la semplice limitazione/eliminazione dei dolci, ma un’equilibrata combinazione di proteine, glucidi e lipidi ad ogni pasto, personalizzata su ogni persona con diabete; inoltre è importante osservare rigorosamente gli orari dei pasti, per evitare l’insorgenza di crisi ipoglicemiche. Anche gli “sgarri” hanno conseguenze diverse: nella celiachia il conto arriva subito dopo l’assunzione dell’alimento vietato:dolori addominali, nausea, diarrea, mentre nel diabete il danno non si manifesta con sintomi immediati, bensì con le complicanze tardive dovute ai picchi di iperglicemia.   Fonte:...

Piede diabetico: i fattori di rischio (diabete)

Il diabete può danneggiare i nervi e i vasi dei piedi con conseguente riduzione della sensibilità e aumento del rischio di lesioni e ulcere. Il piede diabetico è una patologia da tenere regolarmente sotto controllo ed identificare i fattori di rischio di una o più ulcere ai piedi è il problema principale per effettuare una precoce prevenzione della malattia ed eventuale cura. I numerosi studi condotti hanno indicato diversi fattori – sia generali che locali – che favoriscono l’insorgenza di ulcere del piede, ma con accordo praticamente unanime si ritiene che i fattori più importanti siano rappresentati dalla presenza di una neuropatia sensitivo-motoria periferica e/o di una arteriopatia obliterante agli arti inferiori, complicanze che coinvolgono 1 paziente su 4 dopo circa 10 / 15 anni dall’insorgenza del diabete. Prevenzione primaria al piede diabetico perdita di sensibilità propriocettiva (percezione di sé in rapporto allo spazio circostante, al mondo esterno) l’assenza dei riflessi tendinei e dei polsi arteriosi periferici segni di scarsa circolazione ai piedi (cute fredda, perdita dei peli, unghia che crescono male etc.) alterazioni cutanee (secchezza della pelle, arrossamenti in aree articolari, ipercheratosi alla pianta del piede, fissurazioni e macerazioni, disturbi alle unghie) deformazioni congenite ed acquisite (dita in griffe, dita a martello, alluce valgo) rigidità articolare (piede rigido) eventuali amputazioni precedenti fattori di rischio tradizionali: ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo di sigaretta Fonte:...

Come curare la tiroidite?

Cos’è la tiroidite? La tiroidite è una patologia che fa parte di quel gruppo di malattie definite autoimmuni, cioè quelle patologie causate dal fatto che l’organismo non riconosce più un proprio organo come il proprio e lo attacca con i propri anticorpi trattandolo come un comune nemico. È nota anche come tiroidite di Hashimoto, perché a scoprirla fu un medico nipponico (da cui prende il nome) che la descrisse nei dettagli. La tiroidite è una delle malattie più frequenti a cui va incontro la tiroide, ed è una vera e propria infiammazione dell’organo dovuta all’attacco dello stesso organismo. A soffrire maggiormente di questa patologia sono le donne che si ammalano 5 volte di più degli uomini ad un’età intorno ai 45 anni in su, ma non mancano i casi di tiroidite giovanile. Non si conosce una vera e propria causa scatenante della tiroidite autoimmune, ma come spesso accade con questo tipo di malattie croniche, la predisposizione genetica e familiare potrebbe partecipare all’esordio della malattia, aggiungendo poi che alcune malattie infettive su base virale possono essere implicate anch’esse quali cause indirette, alla stregua degli stessi fattori ambientali e ormonali i quali, anch’essi, possono partecipare allo stesso modo. Sintomatologia Molte volte il paziente affetto da tiroidite non ravvisa alcun cambiamento del proprio stato di benessere per lungo tempo, ed è solo col passare del tempo che – intervenendo una vera e propria alterazione della ghiandola – si verifica uno squilibrio degli ormoni secreti e solo così il soggetto è spinto a recarsi dal proprio medico per lamentare una serie di sintomi che non riesce più a spiegarsi. La stanchezza cronica senza motivo protratta nel...