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Nodulo tiroideo: terapia soppressiva

Il nodulo tiroideo può essere unico, chiamato anche nodulo tiroideo singolo, oppure associato ad altre formazioni nodulari, in questo caso parliamo di gozzo o struma multinodulare. Nella maggior parte dei casi la tiroide con noduli conserva un normale funzionamento e parliamo infatti di gozzo normofunzionante, tuttavia può anche accadere che la tiroide funzioni più del necessario e ci troviamo davanti al caso del gozzo iperfunzionante otossico. Escludendo con l’agoaspirato la possibilità che un nodulo tiroideo sia un tumore, le opzioni terapeutiche al momento disponibili per le formazioni benigne sono rappresentate dalle seguenti opzioni: terapia soppressiva con levotiroxina chirurgia terapia radiometabolica a cui si è recentemente aggiunta anche la termoablazione (laser o con radiofrequenze). In questa sede ci soffermiamo sulla terapia soppressiva con levotiroxina (Eutirox, Tirosint, o nuove formulazioni come Tiche, Syntroxine) che ha come finalità la riduzione dimensionale del nodulo o perlomeno la sua stazionarietà volumetrica nel tempo. Questa terapia si basa sul principio che, somministrando l’ormone tiroideo, si riduce il valore del TSH (cioè il principale fattore di stimolo alla crescita dei noduli) e di conseguenza si dovrebbero ridurre anche le dimensioni dei noduli. Sostanzialmente, con la somministrazione si determina una condizione di ipertiroidismo subclinico iatrogeno, finalizzata a ridurre le dimensioni dei noduli. Tuttavia, i dati scientifici disponibili sulla terapia TSH-soppressiva non sono univoci, con evidenze sia a favore che contro l’efficacia di tale terapia nel nodulo tiroideo che rimane, tutt’ora, argomento di dibattito. La terapia soppressiva veniva prescritta, soprattutto in passato, sulla base di alcuni studi che ne evidenziavano l’efficacia nel ridurre il volume del nodulo tiroideo o nell’arrestarne la progressione. Secondo alcuni studi, i fattori in grado di predire un’eventuale risposta alla terapia sono le dimensioni contenute della lesione (volume <5 ml...

Livelli ormonali e fibromi nell’utero

Livelli ormonali e fibromi utero Livelli ormonali elevati potrebbero essere legati all’insorgenza di fibromi nell’utero. Questo è l’esito di uno studio condotto da ricercatori statunitensi e pubblicato su “The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism”. I risultati hanno dimostrato che le donne con livelli elevati di testosterone ed estrogeni sono a maggior rischio. Gli scienziati della Stanford University (California) hanno condotto uno studio della durata di 13 anni su incidenza di fibromi e livelli ormonali. I ricercatori hanno misurato i livelli di estrogeni e testosterone nelle partecipanti a intervalli di un anno e hanno chiesto alle donne circa l’incidenza, o il trattamento, di fibromi. Su 3.240 partecipanti, il 43,6 per cento ha completato tutte le visite di follow-up. 512 donne hanno riferito di avere una singola incidenza di fibromi utero e 478 hanno riferito fibromi recidivanti. Le analisi hanno dimostrato che le partecipanti con livelli elevati di testosterone avevano un rischio accresciuto del 33 per cento di sviluppare un fibroma rispetto a chi aveva livelli inferiori di testosterone. Quando entrambi i livelli erano elevati, il rischio era del 52 per cento superiore. Tuttavia, avere livelli ormonali elevati comportava anche un vantaggio: la probabilità di avere fibromi recidivanti era quasi del 50 per cento inferiore. “I nostri risultati sono particolarmente interessanti, dal momento che il testosterone non veniva precedentemente riconosciuto quale fattore nello sviluppo dei fibromi uterini”, ha spiegato l’autrice dello studio Jennifer S. Lee. Ciò apre la strada a nuovi filoni di indagini per la ricerca sulle opzioni di trattamento, ha affermato. (Le informazioni qui fornite hanno lo scopo di informare, ma non possono in alcuna maniera sostituire la...

Diabete tipo 2 e rischio cardiovascolare

Come riportato dalla prestigiosa rivista The Lancet, i pazienti con diabete di tipo 2 a insorgenza precoce sono a maggior rischio di malattia cardiovascolare non fatale. Da un lato bisogna considerare che l’età di insorgenza del diabete tipo 2 si sta riducendo e dal momento che i pazienti non cinesi con diabete di tipo 2 a insorgenza precoce (qui definito come diagnosi a <40 anni d’età) hanno un rischio accresciuto di complicazioni vascolari, sono stati esaminati gli effetti del diabete tipo 2 a insorgenza precoce rispetto a insorgenza tardiva sul rischio di malattie cardiovascolari non fatali in Cina. Risultati della ricerca “Dei 222.773 pazienti reclutati dall’1 aprile 2012 al 30 giugno 2012, 24.316 (l’11%) presentavano malattia cardiovascolare non fatale. I pazienti con diabete a insorgenza precoce avevano una maggiore prevalenza corretta per età di malattia cardiovascolare non fatale rispetto ai pazienti con diabete a insorgenza tardiva (11,1% rispetto a 4,9%; p<0,0001). Dopo la correzione per età e sesso, i pazienti con diabete di tipo 2 a insorgenza precoce presentavano un rischio maggiore di malattia cardiovascolare non fatale rispetto a quelli con diabete di tipo 2 a insorgenza tardiva (OR 1,91, CI al 95% 1,81–2,02). La correzione per la durata del diabete ha attenuato moltissimo la dimensione dell’effetto per il rischio di malattia cardiovascolare non fatale (1,13, 1,06–1,20). I risultati dello studio di convalida hanno dimostrato che l’esclusione dei pazienti con trattamento relativo alla sola dieta e senza correzione per farmaci ipolipidemizzanti e antipertensivi produceva alterazioni marginali negli OR per il rischio di malattia cardiovascolare non fatale in pazienti con diabete di tipo 2 a insorgenza precoce rispetto a diabete...

Tiroide e peso corporeo

La connessione tra ormoni tiroidei cambiamenti di peso è comprovata ma, nello stesso tempo, complessa e spesso fonte di equivoci e fraintendimenti. Alla base di questa relazione c’è il metabolismo basale – determinato dalla quantità di energia consumata per soddisfare le sole funzioni vitali – che è influenzato dalla quantità di ormoni tiroidei in circolazione, al punto che la misurazione del metabolismo basale costituiva in passato un parametro utilizzato per valutare la funzionalità della tiroide. La complessità della relazione tra tiroide e metabolismo, elemento evidentemente importante nel determinare il peso corporeo, è dovuta al fatto che, oltre agli ormoni tiroidei, molti altri fattori – cortisolo e adrenalina in primis, ma anche proteine e altre sostanze – giocano un ruolo rilevante nel rapporto tra metabolismo, dispendio energetico e peso corporeo. Per queste ragioni, è molto difficile prevedere o identificare con previsione gli effetti di disfunzioni tiroidee sul peso di una persona. Condizioni di ipertiroidismo o ipotiroidismo metabolismo basale. Chi ha una superiore alla norma, è soggetto a più elevato per non perdere peso; ipertiroidismo aumenta l’appetito effettivamente peso. L’eventuale dimagrimento recuperato quando si procede al trattamento. Allo stesso modo, la condizione di ipotiroidismo provoca un rallentamento del consumo di ossigeno, che scende generalmente al di sotto del livello di normalità anche se in modo meno evidente rispetto all’ipertiroidismo. L’aumento di peso che può essere attribuito all’ipotiroidismo è quindi poco rilevante e prevalentemente legato a questa ragione, la perdita di peso conseguente al trattamento con terapia sostitutiva è generalmente ridotta: l’unica strada da seguire per mantenere il peso corporeo e scongiurare un aumento ponderale è quella che prevede un’alimentazione regolare e varia. (Le informazioni qui fornite hanno lo scopo di informare...

Malattia di Basedow

La malattia (o morbo) conosciuta come malattia di Basedow – anche conosciuta come malattia di Basedow-Graves o come malattia di Graves – è una patologia di origine autoimmune caratterizzata dall’iperattività della ghiandola tiroidea. Sebbene molti dei sintomi, così come i rimedi, siano comuni con l’ipertiroidismo, è opportuno precisare che la malattia di Basedow, pur essendo una forma di ipertiroidismo, non è un suo sinonimo. L’ipertiroidismo è, nella maggior parte dei casi, manifestazione più riconoscibile della malattia di Basedow, che può essere quindi caratterizzata da sintomi quali perdita di peso, affaticamento, irritabilità, tachicardia, aumento della sudorazione e intolleranza al caldo, insonnia, pelle calda e sudata e, in alcuni casi, un aumento delle dimensioni della tiroide (gozzo). La malattia di Basedow può inoltre manifestarsi con alterazioni agli occhi – infiammazione, gonfiore, occhi sporgenti – evidenti nella gran parte dei casi. La comparsa dell’oftalmopatia (termine che identifica questo tipo di sintomi) non sempre coincide con quella della malattia stessa. Più raramente alla malattia di Basedow si associano problemi dermatologici. La causa della malattia è da ricercarsi in un’alterazione del sistema immunitario:gli anticorpi anti recettore del TSH si legano alle cellule che costituiscono la ghiandola tiroidea provocando una iperproduzione di ormoni tiroidei. La diagnosi parte dalla sintomatologia denunciata dal paziente ed è confermata dagli esami del sangue, che consentono di dosare i livelli di TSH, fT3, fT4 e degli anticorpi tireostimolanti. Le alternative terapeutiche includono il trattamento con farmaci cosiddetti anti-tiroidei, che agiscono sulla capacità della tiroide di produrre e mettere in circolo nuovi ormoni, e il trattamento con iodio radioattivo, che agisce sulle cellule della tiroide che producono gli ormoni. Nei casi refrattari alla terapia medica, o in presenza di gozzi molto voluminosi,...