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Irsutismo e farmaci antiandrogeni

L’irsutismo è quel fenomeno di crescita anomala di peli in persone di sesso femminile, in sedi dove normalmente è assente, si caratterizza in pratica con l’eccessiva crescita dei peli terminali e disposti in zone dove il loro sviluppo è minimo o assente. L’irsutismo può essere di due tipi: l’ipertricosi o anche Irsutismo androgeno-indipendente dove i peli del corpo si trovano in tutto il corpo sparsi senza concentrazione in determinate zone Irsutismo androgeno-dipendente caratterizzato dal funzionamento anomalo degli ormoni androgeni porta ad una manifestazione localizzata nelle zone tipiche dei caratteri sessuali secondari. Invece il virilismo è l’associazione di irsutismo con altri segni di mascolinizzazione ed è di solito espressione di neoplasie di alcune ghiandole endocrine. Nella grande maggioranza dei casi, l’irsutismo si caratterizza come una patologia idiopatica, nella quale si esprime un’aumentata sensibilità della cute agli androgeni. Nell’irsutismo secondario, alcune malattie endocrine (ovaio policistico, malattia di Cushing, acromegalia, tumori surrenalici ed ovarici) provocano un aumento della produzione di androgeni. L’irsutismo iatrogeno è prodotto da farmaci come anabolizzanti, androgeni, corticosteroidi. Prima di instaurare una terapia è opportuno accertarsi che alla base non ci sia un tumore. Qualora venisse confermata la presenza di un tumore è necessario procedere alla sua asportazione. I farmaci indicati per il trattamento dell’irsutismo sono gli estroprogestinici ed i farmaci antia-androgeni (Ciproterone, Flutamide) da assumere per 6-12 mesi. Da tenere presente che i farmaci anti-androgeni possono causare femminilizzazione del feto maschio nel caso in cui la donna assuma questi farmaci all’inizio della gravidanza, pertanto si consiglia sempre una visita dal proprio endocrinologo di fiducia...

La Sindrome di Down e la Funzionalità Tiroidea

La Sindrome di Down, la più comune anomalia cromosomica nell’uomo, si stima interessare circa 1 bambino su 690 nati negli USA ogni anno. Nel 95% dei casi la sindrome di Down è causata da un evento meiotico non disgiunzionale che dà luogo alla trisomia 21 (47 XX + 21). La non disgiunzione si verifica in un gamete (cellula uovo o spermatozoo) nel corso della meiosi I allorquando non si verifichi la separazione dei cromosomi omologhi in metafase I o nel corso della meiosi II allorquando non si verifica la separazione dei cromatidi fratelli. La trisomia 21 è causa del 95% circa delle Sindrome di Down osservate, con l’88% proveniente dalla non disgiunzione nel gamete materno e l’8% proveniente da quello del gamete paterno. La maggior parte dei bambini con la Sindrome di Down presentano ritardo mentale da lieve a moderato, oltre che patologie che coinvolgono diversi organi quali apparato cardiovascolare, respiratorio e gastrointestinale, così come la tiroide che richiede una valutazione e controllo precoce ed appropriato. FUNZIONI E DISFUNZIONI TIROIDEE La disfunzione tiroidea si determina nel 4-18% dei bambini con Sindrome di Down. L’ipotiroidismo è la condizione più comune e può esser dovuta all’assenza della tiroide alla nascita (ipotiroidismo congenito) o all’attacco della tiroide da parte del sistema immunitario (ipotiroidismo autoimmune). Ipotiroidismo congenito Questa è una delle cause più comuni di ritardo mentale e la sua incidenza nella popolazione si stima essere di 2000-4000 casi. Il sesso femminile risulta colpito due volte di più del sesso maschile. Cause di ipotiroidismo congenito includono: malformazione o assenza della tiroide, disormogenesi e deficit di iodio materno. Nei pazienti con Sindrome di Down, l’incidenza riportata di ipotiroidismo congenito è significativamente maggiore, con un...

Le nuove frontiere dell’endocrinologia

Ultimamente i giornali e le Tv stanno diffondendo la notizia della possibilità, per ora solo teorica, di impiantare in un paziente privo di tiroide (tiroidectomizzato) una “nuova” ghiandola tiroidea fatta crescere in laboratorio, partendo da cellule dello stesso paziente. Questa tecnica permetterebbe al paziente trapiantato non dover assumere la terapia sostitutiva con levotiroxina (Eutirox, Tirosint) per tutta la vita, come avviene attualmente. Sia ben chiaro: è un progetto in fase di studio, ancora nelle fasi iniziali sull’uomo, e quindi attualmente non ancora praticabile nella pratica clinica. Tuttavia, sono in corso studi finalizzati a valutarne la realizzabilità. Gli studi che si stanno realizzando hanno già dimostrato che è possibile trasformare cellule staminali pluripotenti in cellule tiroidee perfettamente funzionanti. Queste cellule, trapiantate in topi privi della tiroide, sono state in grado di produrre ormoni in quantità sufficiente da evitare l’insorgenza di ipotiroidismo. Naturalmente, se tutto ciò sia possibile anche per l’uomo, ci vuole ancora del tempo per poterlo affermare con certezza. Tuttavia la possibilità di riprodurre la tiroide partendo da cellule dello stesso soggetto comporta, potenzialmente, indubbi vantaggi in termini di compatibilità, di assenza di rigetto, di quantità di farmaci da somministrare. Per questo, sono in corso collaborazioni tra l’Università di Bruxelles e l’Università Cattolica di Roma finalizzate a valutare anche l’applicabilità tecnica della scoperta, in quanto una volta ricreata, la “nuova” ghiandola tiroidea, va impiantata chirurgicamente nel collo del paziente. E come comprensibile, per questo passaggio, ci vuole una stretta collaborazione tra la bioingegneria e la chirurgia. Ogni anno, in Italia, oltre 40mila pazienti vengono sottoposti ad intervento sulla tiroide (il 30% circa per tumore tiroideo) che comporta l’asportazione chirurgica della ghiandola. Questi dati...

Cos’è l’acromegalia?

L’acromegalia – termina che deriva dalla lingua greca “estremità” (akros) “grandi” (megas) – è una sindrome clinica, che si determina dopo un periodo molto lungo di prolungata esposizione dell’organismo ad alti livelli di ormone della crescita o growth hormone (GH) e del suo mediatore periferico denominato l’insulin like growth factor tipo 1 (IGF-1 o somatomedina C). L’acromegalia è una malattia cronica debilitante, che viene caratterizzata dall’ingrossamento delle mani, dei piedi, della lingua e delle ossa del volto e dall’organomegalia, in altre parole dall’aumento di volume di organi interni (cuore, fegato, tiroide, intestino, rene etc.). EPIDEMIOLOGIA L’acromegalia ha un’incidenza annua di 3-4 casi per milione di abitanti, ma la prevalenza riportata di 40 casi per milione è in realtà sottostimata per la tardività della diagnosi e il misconoscimento sul territorio. La patologia viene diagnosticata circa dopo otto anni dall’insorgenza e secondo alcuni anche dopo 10 anni a causa degli scarsi sintomi iniziali della malattia. La mortalità per causa acromegalica è legata per il 60% ad accidenti cardiovascolari, per il 25% a patologia respiratoria e per il 15% circa a neoplasia. CLINICA L’acromegalia è nota essere caratterizzata da una progressiva deformazione delle connotazioni somatiche e da un ampio range di complicanze sistemiche. I pazienti si accorgono che i lineamenti del volto diventano grossolani. Il processo inizia generalmente prima dei 40 anni, ma il riconoscimento della malattia può essere molto tardivo. Si manifesta ingrandimento delle estremità con aumento della misura delle scarpe, dei guanti, necessità di allargare gli anelli o il bracciale dell’orologio, aumento della misura del cappello. Le manifestazioni cliniche possono essere legate all’ estensione locale della massa ipofisaria causando per lo più cefalea, difetti di campo...