La Sindrome di Down, la più comune anomalia cromosomica nell’uomo, si stima interessare circa 1 bambino su 690 nati negli USA ogni anno.
Nel 95% dei casi la sindrome di Down è causata da un evento meiotico non disgiunzionale che dà luogo alla trisomia 21 (47 XX + 21). La non disgiunzione si verifica in un gamete (cellula uovo o spermatozoo) nel corso della meiosi I allorquando non si verifichi la separazione dei cromosomi omologhi in metafase I o nel corso della meiosi II allorquando non si verifica la separazione dei cromatidi fratelli.
La trisomia 21 è causa del 95% circa delle Sindrome di Down osservate, con l’88% proveniente dalla non disgiunzione nel gamete materno e l’8% proveniente da quello del gamete paterno.
La maggior parte dei bambini con la Sindrome di Down presentano ritardo mentale da lieve a moderato, oltre che patologie che coinvolgono diversi organi quali apparato cardiovascolare, respiratorio e gastrointestinale, così come la tiroide che richiede una valutazione e controllo precoce ed appropriato.
FUNZIONI E DISFUNZIONI TIROIDEE
La disfunzione tiroidea si determina nel 4-18% dei bambini con Sindrome di Down. L’ipotiroidismo è la condizione più comune e può esser dovuta all’assenza della tiroide alla nascita (ipotiroidismo congenito) o all’attacco della tiroide da parte del sistema immunitario (ipotiroidismo autoimmune).
Ipotiroidismo congenito
Questa è una delle cause più comuni di ritardo mentale e la sua incidenza nella popolazione si stima essere di 2000-4000 casi.
Il sesso femminile risulta colpito due volte di più del sesso maschile. Cause di ipotiroidismo congenito includono: malformazione o assenza della tiroide, disormogenesi e deficit di iodio materno.
Nei pazienti con Sindrome di Down, l’incidenza riportata di ipotiroidismo congenito è significativamente maggiore, con un aumento della percentuale di rischio dalle 28 alle 35 volte rispetto alla popolazione generale (circa 1/113). Neonati con ipotiroidismo congenito hanno un aumentato rischio di cardiopatie congenite, anomalie gastrointestinali e sindrome da distress respiratorio. Laddove si tratti di neonati con Sindrome di Down e Ipotiroidismo congenito, risulta aumentato il rischio di altre anomalie congenite quali anomalie gastrointestinali (atresia duodenale) e anomalie cardiovascolari. In neonati di almeno due settimane di vita sono considerati patologici livelli di TSH > 10 mU/L. In tal caso l’American Academy of Pediatrics (AAP) raccomanda il trattamento con ormone tiroideo. Molti bambini con Sindrome di Down presentano livelli di TSH sierico moderatamente aumentati senza mai superare però i 10 mU/L. Al di sotto di tale soglia infatti uno studio ha riportato la risposta di neonati con Sindrome di Down e valori di TSH lievemente al di sopra del range di normalità (0,4-4,0 mU/L). Tale studio utilizzò placebo invece che levotiroxina, ottenendo una riduzione dei valori di TSH, anche se tali valori continuavano a permanere ai limiti superiori del range di normalità. Oltre ad un modesto incremento nella concentrazione del TSH, neonati con Sindrome di Down possono presentare anche bassi livelli di T4, rimanendo però, in gran parte dei casi, ai limiti inferiori del range di normalità. Diversi meccanismi sono stati suggeriti per spiegare l’aumentata incidenza di ipotiroidismo congenito nella Sindrome di Down. Questi meccanismi includono un abnorme risposta alla stimolazione del TRH (figura 2), con conseguente immaturità dell’asse ipotalamo-ipofisario, secrezione inappropriata di TSH e ridotta bioattività del TSH, con conseguente aumento dei valori di TSH con livelli di T4 bassi o nella norma. Nessuno di tali meccanismi è stato però confermato. Solitamente, in presenza di un TSH moderatamente aumentato e di bassi livelli di T4 in neonati con Sindrome di Down, risulta esser un vero e proprio rompicapo capire se e quando trattare l’ipotiroidismo congenito con ormone tiroideo. Infatti, un trattamento inadeguato o tardivo può determinare un peggioramento dell’outcome dello sviluppo in bambini che sono quindi a rischio di esser ritardati. Il non effettuare il trattamento è giustificato dal fatto che i valori di TSH e T4, essendo solo lievemente al di fuori del range di normalità, non hanno rilevanza clinica tale da giustificare la terapia medica. Un solo studio randomizzato compiuto su 196 neonati con Sindrome di Down con screening tiroideo neonatale normale suggerì un miglior sviluppo motorio e della crescita in coloro che furono trattati con tiroxina per i primi 2 anni di vita, paragonati con quelli non trattati.
Ipotiroidismo lieve
Rimane ancora da chiarire se bambini con Sindrome di Down, TSH aumentato ma livelli di ormone tiroideo normale, sono da ritenere affetti da ipotiroidismo lieve. La presenza di segni e sintomi suggestivi di ipotiroidismo (stipsi, pelle secca, astenia o aumento di peso) non sono utilizzabili ai fini della diagnosi definitiva poiché pazienti con Sindrome di Down spesso presentano tali segni in assenza di ipotiroidismo. L’incidenza dell’ipotiroidismo lieve nella Sindrome di Down è tra il 25% e il 32%. Uno studio condotto su 320 neonati e bambini con Sindrome di Down riportò test di funzionalità tiroidea anormali in 90 bambini (28,1%) di cui 81 (90%) furono classificati come affetti da ipotiroidismo compensato con concentrazioni aumentate di TSH e livelli normali di ormone tiroideo. In presenza di ipotiroidismo compensato i livelli di TSH erano compresi fra 11-20 mU/L nel 25,3% mentre i restanti presentarono livelli di TSH tra 6-10 mU/L. Gli studiosi raccomandavano di controllare la funzionalità tiroidea ogni 3 mesi in pazienti con ipotiroidismo compensato. Il trattamento era raccomandato in pazienti con valori di TSH tra 11 e 20 mU/L. Un altro studio su 103 bambini con Sindrome di Down valutò la loro funzionalità tiroidea prima tra i 6 e i 14 anni e dopo 4-6 anni. I risultati indicavano che il 5% dei bambini con funzionalità tiroidea inizialmente normale, presentavano, al test di controllo, un aumento isolato del TSH, mentre il 70% di bambini con aumento isolato del TSH al test iniziale avevano una normale funzionalità tiroidea al test di controllo. Tali risultati suggerivano che gran parte dei bambini con Sindrome di Down e isolato aumento del TSH sembrava avessero un decorso autolimitante con successiva normalizzazione. Questo riscontro ci porta a chiedere se le linee guida AAP siano troppo restrittive e se le raccomandazioni circa il controllo annuale della funzionalità tiroidea sia davvero necessaria per molti bambini con Sindrome di Down. Il dibattito rimane aperto circa il miglior metodo utilizzabile per lo screening di bambini con Sindrome di Down. Per evitare la natura invasiva e potenzialmente traumentica della venipuntura, è stato proposto che potesse esser utilizzato il TSH capillare, simile a quello utilizzato nei programmi di screening neonatale. Tale metodologia è stata applicata su 200 bambini con Sindrome di Down. Un livello di TSH maggiore di 10 mU/L era considerato patologico. 15 bambini con livello di TSH aumentato con test capillare, confermato dalla venipuntura, e quelli con TSH marcatamente elevato (36-132 mU/L) furono sottoposti a terapia con levotiroxina. Le conclusioni tratte dagli studiosi furono che il test condotto sui capillari era preferibile, dà risultati certi ed è meno invasivo. Tali studiosi dedusero che lo screening annuale dovrebbe esser sufficiente per diagnosticare pazienti con ipotiroidismo in evoluzione e che la misurazione del TSH capillare individuerebbe valori di TSH superiori a 10 mU/L. Questi risultati e conclusioni sono stati confermati da altri studi che hanno utilizzato TSH capillare. Non è chiaro se l’ipotiroidismo lieve in bambini con Sindrome di Down richieda terapia. Uno studio condotto su 94 bambini con Sindrome di Down, che monitorizzò la crescita dei partecipanti parallelamente alla loro funzionalità tiroidea, indicò che la crescita lineare, aumento di peso, crescita della testa, erano più lente nel gruppo di bambini dove i valori di TSH erano superiori a 5,7 mU/L. Questo riscontro era in contrasto con i risultati di un altro studio che riportò che la crescita non era influenzata dai livelli aumentati di TSH e nessuna differenza fu individuata per ciò che riguarda l’intelligenza tra il gruppo di bambini con aumento isolato di TSH e quelli con normali valori di TSH. La risoluzione spontanea dell’aumento isolato di TSH è stato documentato nel 40% dei bambini studiati. Un altro studio prospettico effettuato in un arco di tempo di 6,8 anni riportò che 31 dei 37 bambini con Sindrome di Down presentava aumenti intermittenti di TSH da 5 a 15 mU/L. Nessuno di questi pazienti sviluppò ipotiroidismo franco, suggerendo ancora una volta che è necessaria adeguata cautela nella decisione di effettuare o meno terapia medica. Nessun miglioramento significativo è stato documentato nelle capacità cognitive, sociali e fisiche dopo terapia di 8-14 settimane di ormone tiroideo in un piccolo gruppo di pazienti con Sindrome di Down e funzionalità tiroidea bassa-borderline. Poiché lo zinco è riconosciuto quale cofattore della deiodinasi tipo II che converte T4 in T3 (figura 3), è stato suggerito che il deficit di zinco possa contribuire all’ipotiroidismo lieve in bambini con Sindrome di Down. Uno studio che valutò la funzionalità tiroidea e le concentrazioni di zinco sierico in 25 bambini con Sindrome di Down riportò concentrazioni di zinco più basse e di TSH più alte. La normalizzazione dei livelli di TSH fu riscontrata dopo 4 mesi di apporto di zinco. Tale studio non trovò conferma in uno studio successivo dove l’apporto di zinco non migliorò la funzionalità tiroidea. Un’elevata incidenza di anticorpi tiroidei positivi e anomala funzionalità tiroidea associata con ipotiroidismo subclinico fu riportata in adulti con sindrome di Down e Morbo di Alzheimer. Questi riscontri rinforzano il bisogno di monitoraggi frequenti della funzionalità tiroidea in individui con Sindrome di Down al fine di prevenire un deterioramento delle funzioni cognitive.
Ipotiroidismo autoimmune
Pazienti con Sindrome di Down sono ad aumentato rischio di sviluppare malattie autoimmuni. La prevalenza della celiachia in questa popolazione è stata riportata esser del 5-10% e il rischio di diabete tipo I è tre volte maggiore rispetto alla popolazione pediatrica generale. Allo stesso modo è aumentato il rischio di ipotiroidismo autoimmune e anticorpi tiroidei sono stati riportati nel 13-34% dei pazienti con Sindrome di Down. Le caratteristiche dell’ipotiroidismo autoimmune in bambini con Sindrome di Down sono uniche in termini di età d’esordio e distribuzione tra i sessi. In uno studio su 85 bambini con Sindrome di Down, nella metà di questi fu riscontrato ipotiroidismo prima degli 8 anni ma solo un bambino presentava anticorpi tireoperossidasi (TPO) e nessuno anticorpi antitireoglobuline. Dei bambini che erano eutiroidei prima degli 8 anni, anticorpi TPO erano presenti in due casi e anticorpi tireoglobulina in un caso. Dopo gli 8 anni, uno o entrambi anticorpi tiroidei erano presenti in 11 dei 13 bambini ipotiroidei, mentre anticorpi TPO e tireoglobulina erano aumentati in 3 e 5 bambini eutiroidei, rispettivamente. Gli studiosi conclusero che sebbene la malattia tiroidea autoimmune sembrava esser poco comune prima degli otto anni di età, era comune dopo tale età e negli adolescenti con Sindrome di Down. Un altro studio su 38 bambini con Sindrome di Down riportò un incidenza di tiroidite autoimmune del 18% prima degli 8 anni con egual distribuzione fra i sessi, un riscontro differente dall’usuale preponderanza femminile vista nella popolazione generale. Solo il 19% dei pazienti con livelli di TSH moderatamente aumentati e titoli anticorpali aumentati allo screening iniziale ebbero completa normalizzazione dei livelli di TSH e status anticorpale convertito al negativo. Le evidenze suggeriscono che l’autoimmunità tiroidea in bambini con Sindrome di Down non è comune nell’infanzia divenendo maggiormente rilevante nei bambini più grandi e adolescenti. Diversi studi hanno provato a determinare se la malattia tiroidea autoimmune nella Sindrome di Down può esser direttamente correlata a variazioni genetiche sul cromosoma 21. A tal proposito è stata riportata un’associazione tra ipotiroidismo autoimmune e l’allele DQA1-0301 riscontrato sul cromosoma 6. L’allele DQA1 che codifica per gli antigeni del complesso maggiore di istocompatibilità espressi sulle cellule B, è stato associato con un aumentato rischio di celiachia e tiroidite autoimmune. A causa della forte associazione tra l’allele DQA1-0301 e l’ipotiroidismo autoimmune in pazienti con Sindrome di Down, è stato suggerito che altri geni potrebbero esser coinvolti nel promuovere l’ipotiroidismo autoimmune in questa popolazione. E’ stato postulato che i geni regolatori immunitari sul cromosoma 21 possano esser coinvolti nell’upregulation dell’attività dell’allele DQA1-0301 con un incremento dell’autoimmunità. Il gene di regolazione autoimmune (AIRE-1), localizzato sul cromosoma 21, è stato implicato come potenziale gene candidato a contribuire alla malattia tiroidea autoimmune nella sindrome di Down. AIRE, fattore di trascrizione coinvolto nella regolazione della funzione immune normale, e la mutazione a carico di questo gene sono state connesse alla sindrome poliendocrina tipo 1 (APS-1). Sebbene questa sindrome sia tipicamente caratterizzata da ipoparatiroidismo primario, scompenso adrenocorticale e candidiasi muco cutanea, il 2-13% dei pazienti colpiti mostravano anche tiroidite autoimmune. Un report di un bambino con Sindrome di Down e apparente resistenza all’ormone tiroideo suggerì che un’ alterazione o modificazione a carico di AIRE-1 possa essere responsabile della resistenza all’ormone tiroideo e potenzialmente all’ autoimmunità tiroidea. La possibilità che il gene AIRE sul cromosoma 21 possa essere coinvolto in un aumentata autoimmunità nella Sindrome di Down è stata suggerita in un altro studio ove fu suggerito che la sovra espressione di AIRE causata da una terza copia del cromosoma 21 possa aumentare l’autoimmunità in pazienti con Sindrome di Down.
Malattia di Graves e Ipertiroidismo
La Malattia di Graves (Morbo di Basedow) si determina in circa 1/5000 (0,025) bambini nella popolazione generale e ha una predominanza femminile. Il rischio di malattia di Graves in pazienti con Sindrome di Down è significativamente aumentata con una prevalenza di 6.55 su 1000 (0.665). E’ facilmente diagnosticabile dai suoi sintomi clinici simili a quelli nella popolazione generale. La malattia di Graves nel quadro della Sindrome di Down, si determina per lo più tra la tarda giovinezza e la precoce età adulta e non sembra aver un rischio aumentato per le donne, come di solito visto nella popolazione generale. Quale sia la miglior opzione di trattamento per quel che riguarda un bambino affetto da Sindrome di Down e ipertiroidismo è, ad oggi, oggetto di discussione. È stata riportata la presenza simultanea di anticorpi riscontrabili sia nella malattia di Graves sia nell’ipotiroidismo autoimmune. Un solo studio riportò che bambini con Sindrome di Down e ipertiroidismo che presentavano solo un incremento di immunoglobuline tiroide-stimolanti rispondevano bene alle terapie con propiltiouracile(PTU), con successiva normalizzazione della funzione tiroidea e remissione degli anticorpi entro 4 anni. È stato suggerito che bambini con Sindrome di Down e ipertiroidismo dovrebbero sempre esser trattati con ablazione radioattiva I-131 a causa del frequente fallimento nella remissione. In presenza invece di pazienti con anticorpi riscontrabili nella malattia di Graves e nella tiroidite autoimmune, era positiva la risposta al PTU con conseguente normalizzazione della funzione tiroidea e successivo sviluppo di ipotiroidismo, che richiede terapia con ormone tiroideo.
A causa della variabilità nell’outcome della terapia, il trattamento dovrebbe esser individualizzato e tutte le opzioni disponibili considerate. Ciascun trattamento ha i suoi rischi e benefici, il trattamento medico può esser complicato dalla scarsa compliance; quello radioattivo può aumentare il rischio di neoplasie non tiroidee, la chirurgia è invasiva ma può esser indicata nei casi refrattari di malattia di Graves o quando la terapia con iodio radioattivo non è indicata o desiderata dal paziente.
Autori dell’articolo: Dott.ssa Gregnuoli Annarita e Dott. Caserta Luigi
FONTE: lnx.endocrinologiaoggi.it